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L’acceso dibattito relativo alla natura da riconoscersi al Mark to Market, all’interno dei contratti derivati, sembra essere giunto ad un punto di svolta.
Il Mark to Market -che rappresenta un processo di valutazione del rischio, attraverso cui è possibile individuare le perdite ed i profitti dei contratti derivati- non costituisce l’oggetto del contratto di I.R.S. ma il valore di quest’ultimo che è, anche, pari al valor attuale del differenziale dei flussi finanziari che le parti si scambiano nel corso del rapporto.
A stabilirlo è stato il Tribunale di Milano il quale, con nota sentenza del 2020, ha affermato che il Mark to Market non può mai costituire l’oggetto del derivato, rappresentando, invece, lo scambio di differenziali calcolati su una somma indicata, detta nozionale, ad una scadenza stabilita.
Si legge, ancora, nel provvedimento che esso non esprime un valore concreto ed attuale ma una proiezione finanziaria basata sul valore teorico di mercato in caso di risoluzione anticipata; che è influenzato da una serie di fattori e che, di volta in volta, è sistematicamente aggiustato in funzione dell’andamento dei mercati finanziari.
Rappresenta, dunque, il valore di sostituzione del derivato in uno specifico momento temporale e non può, in ogni caso, annoverarsi tra gli elementi essenziali del contratto.
Infatti, secondo il condivisibile insegnamento della Suprema Corte (v. Cass. S.U. n. 8770/20), gli elementi essenziali del contratto di Interest Rate Swap sono la data di stipulazione, quelle di inizio di decorrenza degli interessi, di scadenza e di pagamento, nonché il capitale di riferimento (cd. nozionale) ed i diversi tassi di interesse ad esso applicabili.